Credo di essere il primo a chiedersi se è stata fatta un'analisi d'impatto relativamente alle nuove norme sulle costruzioni. Nel 1999, se non erro, si è deciso di fare tale analisi prima di varare una nuova legge. Mi sono chiesto quindi se si sono valutati gli effetti, che oggi si rivelano catastrofici, di varare le nuove norme tecniche in modo così scoordinato, senza linee guida per il genio civile, senza un glossario per non confondersi con la terminologia, senza degli schemi di relazioni, con tanti ripensamenti, etc.
Fattami questa domanda, che credo ogni persona di buon senso si farebbe, ho approfondito l'AIR, cioè la suddetta Analisi di Impatto della Regolamentazione. Non credo questa sia stata fatta, per le norme tecniche. Male, malissimo, soprattutto da parte di tecnici che dovrebbero essere informati sulla applicabilità di una norma. L'articolo migliore su internet sull'AIR l'ho trovato a questo indirizzo:
Naturalmente gli amanti dei luoghi comuni possono asserire che questa normativa era necessaria per salvare “vite umane” e con quest'ultima espressione ottengono l'impatto emotivo voluto per cui se uno ha dubbi diventa praticamente un assassino.
Ora chiunque sia nel settore sa che i rapporti con il genio civile sono diventati molto più difficili, che gli adempimenti richiesti sono circa quintuplicati, che l'aspetto burocratico prevale su quello dei contenuti, che è tutto da verificare che l'uso di complessi modelli matematici aumenti la sicurezza reale e che l'esasperazione del teorizzare l'ingegneria non distrugga la capacità progettuale. E sa anche un'altra cosa, che il terremoto di San Giuliano ha violato lui la norma perché lì non ci doveva essere e quindi il crollo è stato in gran parte a norma di legge, che il terremoto dell'Aquila ha messo in luce esecuzioni approssimative e concezioni progettuali infelici più che deficienze di “calcolo”. Nulla che un'equazione differenziale possa evitare.
Naturalmente l'onere di questa smagliatura è ricaduta sulle software house che in effetti sono le uniche che possono aiutare il progettista. Ma queste come possono operare? La normativa è piena di carenze gravi sotto il profilo della completezza ed inequivocità per poter essere tradotta in algoritmi. Basti pensare che ragiona quasi sempre per telai piani e mai per telai spaziali con elementi non ortogonali: in questo caso non dà mai indicazioni. Poi prescrive in certi casi dei metodi che una normativa non dovrebbe prescrivere per non limitare le possibilità di soluzioni più avanzate. Sulla muratura, ad esempio, perché non si hanno prescrizioni alternative che consentano modellazioni con elementi piani? Ci sono voluti circa venti anni perché nel progetto edile e civile entrassero le analisi ad elementi finiti ed ora con un colpo solo si torna agli anni '80? Perché una parete portante non la posso più analizzare con elementi finiti piani in quanto il modello di verifica imposto dalla normativa è sempre quello della trave inflessa? E' possibile che nessuno capisca che un modello matematico basato su formulazioni “forti” sia più affidabile di mille prescrizioni parcellizzate, discontinue, di difficile interpretazione?
L'AIST è un'ottima iniziativa che dobbiamo ad Adriano Castagnone ed a lui e agli altri soci dobbiamo la presenza dell'AIST ad alcuni tavoli ministeriali, ma la questione è che se il problema non lo si capisce non si possono certo trovare soluzioni. E vi garantisco che non si capisce il problema dello “anello debole” (come lo chiamo io) costituito dal software che collega requisiti progettuali e concezione strutturale con il cantiere, né si capisce quanto sia grave che sia debole. Se fa orrore che le software house, come fornitrici di servizi, non possano (come ad esempio i produttori di calcestruzzo) avere un “Osservatorio” presso il ministero delle infrastrutture, che chiamassero un manipolo di informatici universitari!
Un nostro utente mi fa osservare, giustamente, che oggi il processo del progetto ingegneristico si è “globalizzato” intendendo con questo che è divenuto un discorso aperto a cui tutti devono partecipare e devono poter partecipare. Ma chi ha visto gli ordini professionali tutelare gli iscritti da richieste confuse? Chi ha visto le università partecipare rendendo magari disponibili dei benchmark o degli algoritmi? Chi ha visto i progettisti prendere posizioni forti verso i maggiori oneri che gli sono stati accollati? Chi ha visto finanziamenti per lo sviluppo del software?
Facile “globalizzare” gli onori, sarebbe opportuno invece globalizzare gli oneri e che ognuno facesse seriamene la sua parte. L'impatto della regolamentazione non può essere totalmente assorbito da chi fa software e, quindi, a conferma di quanto detto in apertura: sotto il profilo dell'impatto economico questa normativa sta causando più perdite che non vantaggi.
L'immagine è stata presa dal sito: www.umsadifesa.it
Arch. Roberto Spagnuolo, Amministratore Unico, Softing Srl
condivido le tesi esposte dall'arch. Spagnuolo.
RispondiEliminaIn Italia siamo sempre a rincorrere le emergenze in tutti i settori. Per le norme tecniche oggi in vigore siamo passati attraverso le Ordinanze del Dipartimento della Protezione Civile e le norme del 2005 con gli inevitabili tira e molla tra Ministero dei LLPP e Protezione Civile.
Trovo interessante l'iniziativa dell'AIST e gli scopi che si prefigge, osservo però che tra i suoi associati, per quello che leggo dal sito dell'associazione, non vi sono alcune delle maggiori softwarehouse italiane (ad esempio Acca, Amv, Tecnisoft, geostru, STS) e questo forse ne depotenzia la capacità di rappresentanza ed intelocuzione con le istituzioni ai tavoli tecnici normativi.
Caro Gufogiallo, La ringrazio per la condivisione delle mie opinioni. Per la propensione a partecipare, condividere, collaborare, credo si commenti da sé. Sono scelte libere di chi le compie. L'AIST certo è apertissima alla partecipazioej di tutti ed ha fatto fin'ora un ottimo lavoro che va a beneficio anche di chi non partecipa.
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