lunedì 9 luglio 2012

Softing esce dall'AIST



Riconosco ad Adriano Castagnone, presidente dell'AIST, la capacità di aver tentato l'impossibile: coagulare cioè le software house che operano in ambito tecnico.

Purtroppo la specificità di queste aziende e la loro stretta appartenenza al “sistema ingegneria” con tutte le sue contraddizioni, rende impossibile questo coagulo benché ce ne sarebbe una estrema necessità.

Però, se si deve sempre riconoscere il merito di chi si è prodigato per tentare strade pur difficili, si devono anche saper riconoscere i fallimenti che, nel caso specifico, non sono dovuti né al direttivo dell'AIST né ai soci, ma alla debolezza del mondo dell'ingegneria con la sua, in sintesi, mancanza di generoso ampio respiro.

Ora l'AIST, che pur tanto ha fatto per dialogare con le istituzioni, non è riuscita a mio avviso ad ottenere alcun risultato: la recente bozza di revisione della normativa non ha recepito neanche una delle osservazioni portate dall'AIST per ottenere una maggior chiarezza che potesse portare ad una miglior informatizzazione.

Le software house non devono cercare di entrare in un sistema clientelare, ma devono ad ogni costo restare indipendenti perché si occupano di problemi tecnico-scientifici e non burocratici e quindi hanno una strada maestra che non può e non deve scendere a compromessi. Eppure oggi le softwarehouse in questo settore sono strategiche, ma poiché sono indipendenti non le si VUOLE considerare. Questo l'AIST avrebbe dovuto con fermezza affermare.

La nascita del SIERC in Calabria e tra breve nel Lazio di un'analoga ma ovviamente diversa procedura, è una sciagura per i progettisti che chiederanno la soluzione alle software house le quali, in questo periodo, non possono obiettivamente, investire per realizzare 20 diversi sistemi di comunicazione con la pubblica amministrazione. Ovviamente non si cerca la strada maestra e cioè coinvolgere chi da anni fa software per ingegneria, ma si cercano altre strade. Questo AIST lo avrebbe dovuto denunciare con fermezza.

Quindi si assisterà al solito “dumping” cioè a quel “gioco” in cui le software house, essendo per la quasi totalità amministrate da persone che fanno anche la libera professione di progettisti, da questo ambiente prendono l'insana capacità di deprimere il mercato, di giocare al ribasso e sostanzialmente di farsi male da sole.

Questo io volevo dall'AIST: la manifestazione dell'orgoglio del nostro lavoro, non l'appiattimento su posizioni morbidamente concilianti che si esplicitano nella facciata di “congressi” totalmente inutili se non dannosi. Credere che gli esponenti delle istituzioni che partecipano ad un nostro congresso diano una luce che ci illumini agli occhi dei nostri clienti vuol dire manifestare la certezza che di luce propria non si possa proprio brillare. Questa non è la convinzione di Softing.

Purtroppo ho anche dovuto constatare che in AIST, salvo le ovvie naturali eccezioni, non vi è istituzionalmente quella formazione informatica che ci si aspetterebbe. La “validazione”, ad esempio, punto focale del problema di una informatica legata ad una normativa-legge, su questo punto è stringente benché confusa ed esula dagli obiettivi dell'AIST.

Francamente ho sempre rifuggito le facili ribalte, soprattutto se partecipate da esponenti istituzionali perché non credo che oggi vi possa essere un dialogo. Ormai lo Stato è ridotto ad un'entità astratta con la quale, quasi per definizione, il dialogo è impossibile. Chi è lo Stato? Con chiunque parlerete tra coloro che lo rappresentano vi sarà sempre un'entità superiore che lo deresponsabilizza fino ai vertici massimi che rimbalzano in giù la palla perché sono troppo in alto per sapere. Quindi lo Stato non c'è, e dialogare con un'entità che non c'è non mi pare dimostrazione di sanità mentale a meno che non si voglia entrare a far parte del gioco, dei palleggiatori intendo, ma questo non è il mio stile, non è lo stile della Softing né, credo e spero, quello dell'AIST.

Pertanto, se dopo due anni di nostra permanenza nell'AIST non vi è stato alcun progresso né di dialogo con le istituzioni né di maggior coinvolgimento di altre software house, io credo, pur con il massimo onore delle armi, sia opportuno e dignitoso ammettere il fallimento.

Noi, comunque, ci abbiamo provato ed abbiamo anche partecipato con entusiasmo ed attivamente. Questo è quel che conta.

Auguri, in ogni caso, all'AIST per il successo che meriterebbe.

Arch. Roberto Spagnuolo, Amministratore Unico, Softing Srl